Dopo aver scoperto questo frutto sensazionale gli etiopi lo hanno mangiato intero, sminuzzato o mescolato con del burro bollito. Poi, intorno al XIII secolo, si è diffusa l'abitudine di essiccare le bacche, tritarle e produrre una sorta di infuso con la polvere ricavata. Da questo momento in poi la cerimonia del caffè in Etiopia è rimasta invariata e, quando una famiglia etiope accoglie un ospite in casa sua, compie le stesse azioni e gli stessi procedimenti di molti secoli fa.
Dopo aver terminato il pasto, una delle donne di casa si alza e inizia a spargere goosgwaze (erba fresca che si crede sia sinonimo di fortuna) e, spesso, fiori per tutta la stanza, in modo da portare profumo in ogni angolo e rievocare l'unione con la natura. Poi si siede su uno sgabello in un angolo vicino ad un braciere ed accende l'incenso, simbolo dell'unione con Dio, che contribuisce a creare atmosfera con il suo profumo inebriante. In alcuni casi viene anche preparato qualcosa da mangiare come pop corn, che vengono anche gettati a terra per scacciare gli spiriti cattivi, kolo (cereali e noccioline tostati con una miscela di spezie chiamata berberè) o dabo kolo (pezzetti di pane dolci e fritti) e, a seconda della religione, si può gustare caffè con burro locale o con un pizzico di sale. Dopodiché lava i chicchi di caffè e li arrostisce in una scodella; una volta raggiunta la giusta tostatura, la donna porta la scodella al tavolo e agita i chicchi davanti ad ogni commensale per fargli assaporare l'aroma del caffè. Fatto ciò si reca in cucina, solitamente all'esterno dell'abitazione, dove pesta i chicchi in un mortaio detto mukecha. Dopo qualche minuto fa ritorno con la jebenà, la tipica brocca di argilla etiope (molto simile ad una teiera), la mette per qualche secondo sulla brace per far riscaldare l'acqua all'interno e poi aggiunge la polvere appena ricavata finché l'acqua non arriva al bollore. Infine versa il caffè zuccherato in tazzine senza manico (sini) e lo distribuisce partendo sempre dal commensale più anziano.
Tradizionalmente, alla fine del primo giro, con la stessa polvere, se ne fa un secondo e poi un terzo; poiché il caffè perde la sua "forza" ad ogni giro, in Etiopia si dice che il primo giro, quello più forte, è dei padri, il secondo per le madri ed il terzo, più debole, per i bambini.